‘Beauty’
Il punto di partenza del progetto è la frase:
‘The very effort to make the…body appear involves the addition of something other than ‘the Body’. -Peggy Phelan
Il corpo tema fondamentale di questa frase ci ricorda
che delle volte ha bisogno di essere non solo forma nello spazio, ma
deve essere anche un elemento riempito di contenuti, che rendano
possibile il suo divenire altro. Nel momento in cui si parla di
corpo, di se stessi una delle prime immagine che ci appare è
sicuramente il concetto di ritrattistica, il quale ha una storia
millenaria, di cui molto spesso di perde anche il vero e proprio
inizio.
L’uomo ha sempre voluto ricercare la simulazione dalla sua
immagine per lasciarla nel tempo, affinché i posteri potessero
ricordarlo. Molto spesso all’interno della ritrattistica si
cercavano di effettuare delle correzioni ai soggetti, attraverso
un’idealizzazione degli stessi. La prima forma di ritratto di cui
conosciamo lo schema è quello che si attua nell’Italia del
1200-1300, riprendendo la modalità di rappresentazione degli
imperatori all’interno delle effigi imperiali, con una particolare
attenzione a quelle che erano le riproduzioni sulle monete, si
utilizzò un taglio di profilo, il quale voleva esaltare in questo
modo la nobiltà del personaggio. La visione di profilo di queste
figure, rappresenta la scelta effettuata per l’inizio dell’attività
della performance.
Il volto si presenta quindi visibile solo per
metà. Sull’altra che ci è nascosta vediamo come la stessa mano
del soggetto venga ad intervenire attraverso l’uso del trucco. Non
percepiamo cosa stia accadendo, ma vediamo solo il movimento continuo
che lo caratterizza. Dopo alcuni minuti osserviamo che lentamente il
volto ruota nella nostra direzione, prendendo la posa tipica del
ritratto fiammingo. Il ritratto fiammingo è stato un grande
passaggio nella sua stilistica in quanto muta la posizione del viso,
collocandola nei corrispettivi ¾ i quali diventano il simbolo di una
lunga era della ritrattistica, la quale prenderà caratteristiche
differenti solo alla soglia del XIX secolo con l’introduzione della
fotografia e la volontà dei pittori di scendere nel profondo della
psiche umana, staccandosi da quella che era la posizione canonica per
rendere al meglio quelle che erano le caratteristiche della posizione
sociale, con una leggera lettura del mondo interiore del soggetto.
Questa punta di realismo, distacca la ritrattistica della sua
canonica caratterizzazione. In questo caso, ci risulta interessante
utilizzare solo la metà del viso, mentre la restante la vediamo solo
in parte. Il trucco simbolo della millenaria ricerca della donna del
canone di bellezza a cui stereotiparsi, un gesto compiuto ogni
singolo giorno della propria esistenza diventa altro. Groviglio
informe di parole, di quelle parole che perennemente ci circondano,
parole legate a solo una funzione estetica dei corpi, cose non
fossero nient’altro che un elemento di pura forma, senza
possibilità di essere altro. l’intimità della donna viene quindi
posta ad un livello differente in cui cerchiamo di coglierla
nell’aspetto intimo del suo quotidiano. Questa ricerca del
quotidiano è una ricerca profonda nelle tematiche dell’arte a
partire dall’Ottocento, in cui si cerca di riprendere quelle che
sono le possibilità di un momento intimo dell’indizio come si
evidenzia nelle tematiche affrontate dai Preraffaelliti e da alcuni
degli Impressionisti, portando in evidenza quelli che erano i temi
impossibili da rappresentare in precedenza. In questo caso la metà
del volto che non vediamo, non viene ricoperta da un sapiente trucco,
ma da un groviglio di parole scomposte, le quali si sovrappongono
fino a diventare illeggibili, le une con le altre si mescolano, si
confondono diventando parte di un caotico gioco di ripetizione della
scrittura. L’effetto è caotico, rendendo il trucco-parola qualcosa
che deforma il volto in una serie di punti di forte nero. La retorica
del progetto si basa sull’utilizzare un azione comune, effettuata
dalla persone, in particolare dalle donne ogni singolo giorno della
loro vita, stare davanti allo specchio, nella loro intimità con se
stesse ed osservarsi per modificare i propri tratti somatici
attraverso il trucco, per adattarsi ai canoni che gli vengono
richiesti a seconda dell’epoca in cui vivono. Un momento intimo,
caratterizzato non solo dalla propria visione, ma da una vera e
propria ricerca di come si vuole apparire, una così forte
possibilità di alterare la loro fisionomia da poter diventare
qualsiasi altra cosa.
La prima parola che mi viene in mente di usare
sicuramente è Bellezza, la volontà di rompere con questo schema di
canoni a cui dobbiamo sottostare, rendendo quasi il corpo un puro e
semplice involucro da osservare, la volontà di uscire degli
stereotipi comuni in cui tutto ciò che è particolarmente estetico,
non può essere altro di diverso da esso, come se non potessero
convivere essenza ed estetica all’interno della stessa persona.
Ripetitività, è sicuramente la seconda parola che userei. Cosa
indica la ripetitività? E possibile analizzarla sotto molti aspetti
questa parola, infatti alcuni la legano alla sfera dell’inconscio
umano, altri alla sfera dell’animalità ( non intesa come essenza
negativa, ma come elemento distintivo dalla pura istintualità
dell’uomo ), come elemento legato alla traslazione di stato ( la
ripetitività può portare l’uomo in una sottospecie di trans, dove
egli perde il contatto con la comune collocazione spazio-temporale,
che diviene non più scandita dalla condizione temporale umana, ma
riprendendo il concetto di Bergson di tempo, si sposta su una
dimensione individuale, dove solo il vero e proprio soggetto può
identificare emozionalmente il fluire del mondo ). Questi elementi
molto spesso convergono all’interno dell’attività della
performance, in questo caso la ripetizione della scrittura della
medesima parola, su una superficie non lineare come un supporto
frequente rende già la parola soggetta alla sua distorsione, la
pelle non venendo tesa in nessun modo si muove sotto il peso dello
strumento di scrittura.
La parola ‘apparenza’ diventa così una
serie di segni indecifrabili, che con il sovrapporsi diventano solo
dei segni, quasi dei solchi sulla pelle umana. Questa rompe quella
che è l’aspettativa comune nel soggetto che osserva, egli attente
in qualche modo di osservare una comune azione della vita quotidiana,
invece la sovrapposizione crea una sottospecie di grado zero, dove le
nostre idee del momento, vengono totalmente spiazzate da ciò che ci
ritroviamo a vedere all’improvviso. Il nostro immaginario,
soprattutto grazie ad internet è abituato a tutta queste serie di
tutorial in cui si osservano come un volto possa diventare puramente
estetico di una bellezza sconcertante, invece ci ritroviamo di fronte
a tutt’altro, spezzando le nostre aspettative e creando un punto di
rottura. In questo caso cercando di analizzare il modello retorico di
evoluzione del progetto ci rendiamo conto che esso essendo basato su
una ripetizione del gesto e sull’accumulo di segni grafici può
essere caratterizzato da un’azione di significato, nel senso che
all’azione quotidiana attraverso la sua leggera mutazione diamo una
nuova possibilità di definizione, muovendosi all’interno di una
concezione di comparazione dell’elemento base, con quella che è la
vera e propria deviazione del linguaggio. Infatti nella nostra mente,
avviene subito il collegamento la gestualità che si attua, la
percepiamo, in quanto parte del nostro vissuto a livello individuale,
ma la sua deviazione si basa su un livello di comparazione con quello
che attendiamo che accada nello svolgimento dell’azione. Il
messaggio retorico, che si basa sulla definizioni di quelli che sono
i punti fondamentali del discorso, si presenta caratterizzato da una
leggera alterazione del significato iniziale del gesto, rendendolo
una vera e propria riflessione su nuovi concetti all’interno della
struttura della società. In questo caso, come molto spesso all’interno di un discorso retorico diventa fondamentale comprendere come esso aiutata il soggetto a poter effettuare tutta una serie di operazione che permettono di portare il discorso puramente iniziale ad un nuovo grado di significati e di significanti, affinché il continuo e perenne gioco di elementi all’interno della composizione ( dato che in questo caso parliamo di immagini visive ) possa sempre presentare nuovi contenuti e nuove modalità di riflessioni.