2.4.18

‘Beauty’



Il punto di partenza del progetto è la frase: 

‘The very effort to make the…body appear involves the addition of something other than ‘the Body’. -Peggy Phelan


Il corpo tema fondamentale di questa frase ci ricorda che delle volte ha bisogno di essere non solo forma nello spazio, ma deve essere anche un elemento riempito di contenuti, che rendano possibile il suo divenire altro. Nel momento in cui si parla di corpo, di se stessi una delle prime immagine che ci appare è sicuramente il concetto di ritrattistica, il quale ha una storia millenaria, di cui molto spesso di perde anche il vero e proprio inizio. 
L’uomo ha sempre voluto ricercare la simulazione dalla sua immagine per lasciarla nel tempo, affinché i posteri potessero ricordarlo. Molto spesso all’interno della ritrattistica si cercavano di effettuare delle correzioni ai soggetti, attraverso un’idealizzazione degli stessi. La prima forma di ritratto di cui conosciamo lo schema è quello che si attua nell’Italia del 1200-1300, riprendendo la modalità di rappresentazione degli imperatori all’interno delle effigi imperiali, con una particolare attenzione a quelle che erano le riproduzioni sulle monete, si utilizzò un taglio di profilo, il quale voleva esaltare in questo modo la nobiltà del personaggio. La visione di profilo di queste figure, rappresenta la scelta effettuata per l’inizio dell’attività della performance. 
Il volto si presenta quindi visibile solo per metà. Sull’altra che ci è nascosta vediamo come la stessa mano del soggetto venga ad intervenire attraverso l’uso del trucco. Non percepiamo cosa stia accadendo, ma vediamo solo il movimento continuo che lo caratterizza. Dopo alcuni minuti osserviamo che lentamente il volto ruota nella nostra direzione, prendendo la posa tipica del ritratto fiammingo. Il ritratto fiammingo è stato un grande passaggio nella sua stilistica in quanto muta la posizione del viso, collocandola nei corrispettivi ¾ i quali diventano il simbolo di una lunga era della ritrattistica, la quale prenderà caratteristiche differenti solo alla soglia del XIX secolo con l’introduzione della fotografia e la volontà dei pittori di scendere nel profondo della psiche umana, staccandosi da quella che era la posizione canonica per rendere al meglio quelle che erano le caratteristiche della posizione sociale, con una leggera lettura del mondo interiore del soggetto. Questa punta di realismo, distacca la ritrattistica della sua canonica caratterizzazione. In questo caso, ci risulta interessante utilizzare solo la metà del viso, mentre la restante la vediamo solo in parte. Il trucco simbolo della millenaria ricerca della donna del canone di bellezza a cui stereotiparsi, un gesto compiuto ogni singolo giorno della propria esistenza diventa altro. Groviglio informe di parole, di quelle parole che perennemente ci circondano, parole legate a solo una funzione estetica dei corpi, cose non fossero nient’altro che un elemento di pura forma, senza possibilità di essere altro. l’intimità della donna viene quindi posta ad un livello differente in cui cerchiamo di coglierla nell’aspetto intimo del suo quotidiano. Questa ricerca del quotidiano è una ricerca profonda nelle tematiche dell’arte a partire dall’Ottocento, in cui si cerca di riprendere quelle che sono le possibilità di un momento intimo dell’indizio come si evidenzia nelle tematiche affrontate dai Preraffaelliti e da alcuni degli Impressionisti, portando in evidenza quelli che erano i temi impossibili da rappresentare in precedenza. In questo caso la metà del volto che non vediamo, non viene ricoperta da un sapiente trucco, ma da un groviglio di parole scomposte, le quali si sovrappongono fino a diventare illeggibili, le une con le altre si mescolano, si confondono diventando parte di un caotico gioco di ripetizione della scrittura. L’effetto è caotico, rendendo il trucco-parola qualcosa che deforma il volto in una serie di punti di forte nero. La retorica del progetto si basa sull’utilizzare un azione comune, effettuata dalla persone, in particolare dalle donne ogni singolo giorno della loro vita, stare davanti allo specchio, nella loro intimità con se stesse ed osservarsi per modificare i propri tratti somatici attraverso il trucco, per adattarsi ai canoni che gli vengono richiesti a seconda dell’epoca in cui vivono. Un momento intimo, caratterizzato non solo dalla propria visione, ma da una vera e propria ricerca di come si vuole apparire, una così forte possibilità di alterare la loro fisionomia da poter diventare qualsiasi altra cosa.
 La prima parola che mi viene in mente di usare sicuramente è Bellezza, la volontà di rompere con questo schema di canoni a cui dobbiamo sottostare, rendendo quasi il corpo un puro e semplice involucro da osservare, la volontà di uscire degli stereotipi comuni in cui tutto ciò che è particolarmente estetico, non può essere altro di diverso da esso, come se non potessero convivere essenza ed estetica all’interno della stessa persona. Ripetitività, è sicuramente la seconda parola che userei. Cosa indica la ripetitività? E possibile analizzarla sotto molti aspetti questa parola, infatti alcuni la legano alla sfera dell’inconscio umano, altri alla sfera dell’animalità ( non intesa come essenza negativa, ma come elemento distintivo dalla pura istintualità dell’uomo ), come elemento legato alla traslazione di stato ( la ripetitività può portare l’uomo in una sottospecie di trans, dove egli perde il contatto con la comune collocazione spazio-temporale, che diviene non più scandita dalla condizione temporale umana, ma riprendendo il concetto di Bergson di tempo, si sposta su una dimensione individuale, dove solo il vero e proprio soggetto può identificare emozionalmente il fluire del mondo ). Questi elementi molto spesso convergono all’interno dell’attività della performance, in questo caso la ripetizione della scrittura della medesima parola, su una superficie non lineare come un supporto frequente rende già la parola soggetta alla sua distorsione, la pelle non venendo tesa in nessun modo si muove sotto il peso dello strumento di scrittura.
La parola ‘apparenza’ diventa così una serie di segni indecifrabili, che con il sovrapporsi diventano solo dei segni, quasi dei solchi sulla pelle umana. Questa rompe quella che è l’aspettativa comune nel soggetto che osserva, egli attente in qualche modo di osservare una comune azione della vita quotidiana, invece la sovrapposizione crea una sottospecie di grado zero, dove le nostre idee del momento, vengono totalmente spiazzate da ciò che ci ritroviamo a vedere all’improvviso. Il nostro immaginario, soprattutto grazie ad internet è abituato a tutta queste serie di tutorial in cui si osservano come un volto possa diventare puramente estetico di una bellezza sconcertante, invece ci ritroviamo di fronte a tutt’altro, spezzando le nostre aspettative e creando un punto di rottura. In questo caso cercando di analizzare il modello retorico di evoluzione del progetto ci rendiamo conto che esso essendo basato su una ripetizione del gesto e sull’accumulo di segni grafici può essere caratterizzato da un’azione di significato, nel senso che all’azione quotidiana attraverso la sua leggera mutazione diamo una nuova possibilità di definizione, muovendosi all’interno di una concezione di comparazione dell’elemento base, con quella che è la vera e propria deviazione del linguaggio. Infatti nella nostra mente, avviene subito il collegamento la gestualità che si attua, la percepiamo, in quanto parte del nostro vissuto a livello individuale, ma la sua deviazione si basa su un livello di comparazione con quello che attendiamo che accada nello svolgimento dell’azione. Il messaggio retorico, che si basa sulla definizioni di quelli che sono i punti fondamentali del discorso, si presenta caratterizzato da una leggera alterazione del significato iniziale del gesto, rendendolo una vera e propria riflessione su nuovi concetti all’interno della struttura della società.
In questo caso, come molto spesso all’interno di un discorso retorico diventa fondamentale comprendere come esso aiutata il soggetto a poter effettuare tutta una serie di operazione che permettono di portare il discorso puramente iniziale ad un nuovo grado di significati e di significanti, affinché il continuo e perenne gioco di elementi all’interno della composizione ( dato che in questo caso parliamo di immagini visive ) possa sempre presentare nuovi contenuti e nuove modalità di riflessioni.